Regione: Piemonte;
Anno di Fondazione: 1859;
Proprietà: Gaja S.S. Agricola di Angelo Gaja;
Enologo: Guido Rivella;
Totale bottilgie prodotte: 300.000;
Ettari totali vitati di proprietà: 92;

Dinastia Gaja.

L'azienda Gaja nasce nel 1859 per opera di Giovanni - bisnonno d'Angelo, l'attuale titolare - gestore di una fiorente attività di trasporti: cartunè, come si diceva in dialetto. Giovanni lascia in eredità una cascina ad ognuno dei cinque figli maschi. Tre di questi, nella più classica tradizione langarola, se le mangiano al gioco.
Barba Cit (il più giovane, un omone alo quasi due metri) riesce a dilapidare anche le due che la moglie, ricchissima, gli hanno portato in dote. Il penultimo, Angelo, è d'altra pasta: gira con il rosario in mano e sposa Clotilde Rey, una donna dura, severa, che ha studiato da maestra a Chambery e che tutti a Barbaresco chiamavano "madama": solo ai parenti stretti è concesso di usare il diminutivo di Tildin. Dura ma intelligente, e soprattutto con ben chiaro in testa che cosa significa qualità e lavoro ben fatto. Entra nella gestione dell'osteria di proprietà, "L'osteria del vapore", con le quattro nuore, e subito ne stravolge la filosofia. Altrettanto farà in cantina. E i figli, ad Alba a studiare: Giovanni, nato nel 1908, diventa geometra.
È un uomo intraprendente, con uno straordinario senso degli affari: oltre che di vino si occupa d'edilizia e d'intermediazione. In quegli anni il geometra è il confidente economico, il piacere per le liti tra eredi o confinanti, il mediatore nelle compravendite. Un uomo cosiffatto inevitabilmente deve stare dalla parte del potere: prima con il fascismo, podestà a Lequio Berria e segretario politico a Barbaresco, poi sindaco dal 1958 al 1983. Benvoluto dalla gente, i partigiani non gli torceranno un capello e i concittadini lo rieleggeranno ogni volta a cuor leggero.
Nonna Tildin, vedova dal 1944, regge le redini della cantina. Gli acquirenti sono privati illustri, come i Somaini di Milano, gli Zegna, i Nasi: famiglie con lo chef in cucina e la cantina colma di grands crus francesi, che ordinate damigiane di Barbaresco e se le imbottigliano come "vino da pasto". Il vino può restare anche dieci anni in vasca, in attesa che arrivano i compratori. Ma per volere di nonna Tildin si segue già una politica di rigore, d'alta qualità.
Quando Angelo Gaja entra in azienda, nel 1961, trova una situazione economica invidiabile, un nome famoso in alta Italia e 33 ettari di splendide vigne nel Barbaresco.
Quando, a metà degli anni Sessanta, entra nel giro della gran ristorazione, ha già a disposizione un'eccellente gamma di vini. Poi nascono i cru: il primo, San Lorenzo, è del 1967. Nel 1970 arriva in azienda l'enotecnica Rivella; nasce nello stesso anno Sorì Tildin, nel 1978 è la volta di Costa Russi. Intanto in cantina si sperimentano i piccoli legni francesi - le barriques - e in vigna arrivano i nuovi vitigni: cabarnet sauvignon, chardonnay, sauvignon. I difensori della tradizione strabuzzano gli occhi, i conformisti strabiliano, ma oggi Darmagi, Gaia&Rey, Rossj-Bass sono classici della nuova enologia italiana e quelle che erano innovazioni coraggiose sono pratiche quotidiane per tutti (o quasi). Angelo Gaja ha fatto scuola e la sua storia continua: il "romanzo enologico" Sorì San Lorenzo di Edward Steinberd, edito da Slow Food nel 1996, la racconta diffusamente.
È una storia che sicuramente troverà la sua brava fotografia nell'album di Barbaresco. Dopo l'uomo accanto al mulo, dopo il sindaco che parla ai cittadini, toccherà al wine-maker vicino al mappamondo.

Il Piemonte e' certamente una regione dove i valori della tradizione vengono gelosamente conservati ed l'innovazione e' generalmente accolta con austerita' e diffidenza. Angelo Gaja grazie alla sua tenacia e il suo coraggio ha fatto del suo Barbaresco un vino di fama e apprezzamento internazionale.
Lui per primo ha osato innovare questo vino (dagli anni 60) con tecniche che vanno dall'abbattimento vertiginoso della produzione per ettaro (per una maggior qualita'), al controllo della tempertura di fermentazione, all'uso di lunghi tappi e all'affinamento in barrique.
Il Barbaresco Gaja deriva da 14 vigneti di proprieta' situati nei comuni di Barbaresco e Treiso. Questo vino fermenta per un periodo che va da 2 a 4 settimane, poi sosta per sei mesi in barrique di rovere francese ed in seguito viene fatto riposare per 12-20 mesi in botti di rovere di slavonia di grande capacita'.
I vini gaja hanno una grande capacita' di invecchiamento e bottiglie di oltre 30 anni sono ancora in grado di esprimere sentori suadenti e morbidi di frutta matura.

Gaja non punta ad alchimie di cantina ma alla massima qualita' delle uve, non esitando a sacrificare parte della sua produzione nelle annate avverse alfine di mantenere uno standard qualitativo elevato.
I successi ed i riconoscimenti conquistati sul campo fanno di Angelo Gaja il portabandiera di quello che si puo' definire "Rinascimento vitivinicolo" italiano a cui stiamo assistendo gia' da qualche anno.